Romacinemafest 2017: Hostages di Rezo Gigineishvili

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Fumano sigarette occidentali, ascoltano i Beatles e il loro unico obiettivo è quello di volare oltre la cortina di ferro. Nella Georgia del 1983 un gruppo di ragazzi sta organizzando una fuga, la più ribelle e rocambolesca di sempre.

Per capire questo controverso film bisogna fare un passo indietro nella memoria storica, nella Russia del 1983, precisamente a Tbilisi in Georgia, al tempo annessa all’Unione Sovietica. Accantonati i capitoli di Stalin, Krusciov e Brežnev, l’unione sovietica era ormai quasi pronta ad accettare le riforme della Perestrojka, ma non ancora ad accettare che il proprio popolo potesse abbattere la cortina di ferro che li separava dall’occidente e dal mondo intero. La guerra fredda, i retaggi del comunismo e del socialismo più radicale stavano lasciando un marchio ormai indelebile sulle generazioni più anziane facendole rassegnare al mondo per quello che era, ma in quelle più giovani cresceva la curiosità, il dubbio, che oltre il muro immaginario creato dall’imprinting sociale e familiare ci fosse altro, ci fosse qualcosa da scoprire e per cui, forse, valeva la pena morire.

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Hostages, diretto magistralmente dal georgiano Rezo Gigineishvili, decide di rivelare coraggiosamente questa storia. Tratto dagli eventi realmente accaduti racconta impietosamente le vicende del malcapitato dirottamento da parte di un gruppo di ragazzi, quasi tutti provenienti da famiglie ricche e altolocate. I giovani, a scapito degli ideali sovietici per cui tutto quello che provenisse dall’occidente fosse propaganda capitalista, vivono la loro vita cantando i Beatles, fumando sigarette americane e sognando sui poster di Jimi Hendrix un futuro migliore. Con la scusa del proprio viaggio di matrimonio i due giovani innamorati Ana (Tina Dalakishvili) e Nika (Ikrali Kvirikadze), insieme al gruppo di amici, pianifica un disperato  – e maldestro –  tentativo di fuga verso l’occidente, provando a dirottare un volo domestico. L’episodio si trasformerà ovviamente in una tragedia nazionale, ferita ancora aperta per l’intero popolo georgiano.

Con freddezza unica Hostages riesce a raccontare una storia difficile da collocare nel panorama politico georgiano. Rivelata al popolo dal governo solamente dopo la fine della Perestroika, grazie al Glasnost’, un’operazione di trasparenza, questa tragedia non ha mancato di creare un dualismo di opinioni sulla colpevolezza e sulla veridicità dei fatti raccontati. Hostages sceglie di raccontare una storia che non manca di emozioni, ma che non si scompone in fronzoli decorativi. Una regia serratissima, segue costantemente gli ultimi movimenti della “banda”, ma soprattutto dei due amanti, dei loro dubbi, e come un giudice in attesa in sospensione di giudizio, osserva i momenti di più semplice umanità, come ad esempio l’intensa scena in piano sequenza dell’ultimo addio alla famiglia da parte di Nika, recitata come un balletto in un crescendo di tensione.

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Ma non scordiamo che il film sta raccontando un atto terroristico nudo e crudo. È possibile rimanere impassibili di fronte all’umanità di semplici ragazzi che cercano la libertà, sebbene a scapito della vita altrui? Hostages ci mette di fronte alla nostra paura, ci rende partecipi del crimine facendoci vergognare per aver pensato anche se solo per qualche secondo che, forse,  in un paese in cui la parola Jeans significava propaganda e carcere, avremmo pensato di fare la stessa cosa. L’autore stesso afferma riguardo alla realizzazione del film «[…]arrivai alla conclusione che tutto quello che si può fare è tentare di comprendere che ci troviamo di fronte a una tragedia dove “nessuno ha ragione e nessuno è colpevole»«coloro che hanno partecipato a questa tragedia sono delle vittime, che non debbano essere né accusate, né celebrate.» E questo è un dato di fatto, nessuno è stato celebrato, nemmeno nella morte, visto che il governo nascose i cadaveri dei terroristi giustiziati fino al 1991, lasciando le famiglie in uno stato di sospensione. Nel film, infatti, un giudice non manca di esclamare con veemenza che i genitori andrebbero condannati esattamente come i figli e ne dovrebbero pagare le colpe.

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E questa era la società della Georgia nel 1983, una bolla temporale in cui ragazzi cantavano successi dei Beatles come se i loro dischi non fossero usciti venti anni prima. Una bolla temporale dove il giudizio lascia il tempo che trova e ha creato una società che oggi condanna questo film per essere stato troppo di parte e chiuso, quando l’intento era proprio aprire un varco nella mente della gente, mostrando la realtà dei fatti per come sono stati, per come il regista stesso Rezo Gigineishvili li ha vissuti tramite i ricordi della madre, in contatto con una delle vittime, e i numerosissimi anni di ricerca storica.

Personalmente, spero che il pubblico italiano che vedrà nelle sale questo film grazie alla coraggiosa distribuzione indipendente Merlino Distribuzione non si fermi di fronte all’immaginario post-sovietico e riesca a godere di un film che non ha nulla da invidiare a qualsiasi produzione occidentale, dalla regia alla fotografia passando all’azione, dimostrando che questa cortina di ferro è stata finalmente abbattuta.

Hostages
8Overall Score
Regia8
Sceneggiatura8.5
Fotografia7
Colonna Sonora7
Recitazione7
Reader Rating 1 Vote
8.5